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 La correzione del pH


L'organismo umano attua giornalmente una serie di meccanismi per controllare e mantenere l' omeostasi di numerosi parametri: temperatura, ossigenazione, pH, glicemia. Tra tutti questi, quello che forse necessita di un più rigoroso controllo è il pH, in modo particolare quello sanguigno: in condizioni normali, esso varia entro limiti molto ristretti, in ordine dello 0,015 in più o in meno rispetto al valore standard (medio) di 7,41.
In alcune fasi, come durante e dopo malattie, o sotto sforzo, tale valore può modificarsi, ma sempre entro limiti molto stretti: poco sopra un pH di 7,45 o poco sotto il 7,35, si manifestano sintomi clinici obiettivabili, sempre più presenti e gravi per arrivare, sopra i 7,80 e sotto i 7,10, al coma e quindi alla morte.
Con queste premesse è ovvio come l'organismo, davanti a diverse scelte, abbia come obiettivo primario quello del mantenimento di un pH compatibile con la vita, anche a scapito di altri parametri, organi o apparati. Questa priorità è di fondamentale importanza per comprendere la genesi di diverse patologie, tra le quali di particolare valore per la loro diffusione, l'artrosi e l'osteoporosi.
Se il pH sanguigno è pressocché costante, lo è di meno quello di altri distretti corporei: sia quello tissutale che quello urinario e salivare subiscono delle variazioni maggiori, secondo ritmi circadiani. Esamineremo in particolar modo quello tissutale e quello urinario. Per il primo facciamo riferimento ai liquidi extra cellulari, essendo difficile misurare in vivo il pH intracellulare, che dovrebbe comunque essere intorno alla neutralità (pH 7).

FASI DEL PH TISSUTALE
Nella prima parte della giornata, cioé la mattina e il primo pomeriggio, l'organismo è in fase catabolica e simpaticotonica, dovendo produrre energia, e gli scarti metabolici sono sempre acidi. Ci troviamo quindi in una fase di acidosi: il tessuto mesenchimale in questo caso, funziona da deposito di scorie, e il pH si abbassa. Quando nel pomeriggio, ma soprattutto la sera, l'organismo passa a una fase parasimpatica e anabolica, i tessuti rilasciano i cataboliti e gli acidi accumulati, passando in alcalosi, e il loro pH si innalza.

FASI DEL PH URINARIO
Anche in questo caso il pH oscilla da valori alcalini ad altri acidi e viceversa, ma più sensibili al tipo di alimentazione seguita: al mattino le urine sono acide, in quanto eliminano gli acidi accumulati dall'organismo nella giornata precedente. Nel corso della mattinata il pH sale abbastanza nettamente, per calare nuovamente attorno all' ora di pranzo e risalire ancora a metà pomeriggio, rimanendo comunque sempre attorno a un pH neutro. Questa fase dura fino a tarda serata con il ritorno della fase acida, a dimostrazione della tendenza all'eliminazione degli acidi prodotti e immagazzinati nel corso della giornata.
Tanto più l'alimentazione sarà squilibrata, tanto più i valori tenderanno verso 1'acidosi. Il pH urinario risulta quindi uno degli indicatori più affidabili per verificare la presenza o meno di un'iperacidosi tissutale, elemento che non ha riscontro nella normale pratica clinica medica, ma che per i naturopati riveste un particolare valore.

LE CAUSE DELL'IPERACIDOSI
La causa più comune - in assenza di malattie - è l' acidosi derivante dall' alimentazione.
Bisogna innanzitutto distinguere tra cibi acidi e acidificanti: molti cibi (e bevande) che risultano acide alla lettura con il pHmetro, nell'organismo portano invece alla formazione di sali alcalini. Questo si verifica quando nei cibi sono presenti degli acidi deboli, come quelli della frutta (citrico, malico, tartarico,...), che nella digestione vengono ossidati, formando acido carbonico, un altro acido debole che si dissocia facilmente, formando dei carbonati (per esempio carbonato di sodio, di potassio, di calcio). Per dare un esempio, un succo d'arancia commerciale può avere un pH 4,5, mentre una spremuta fresca può arrivare anche a pH 3,57. Nonstante tali valori, sono considerati alcalinizzanti. Chiarito questo aspetto, va però detto che alcuni soggetti metabolizzano male questi acidi deboli, in particolar modo al mattino e nella stagione fredda.
Per combattere 1'iperacidosi si devono consumare quindi soprattutto alimenti alcalinizzanti.

Alimenti acidificanti

Alimenti alcalinizzanti

  • cereali, legumi
  • carni (tutte)
  • pesci e crostacei (tutti)
  • albume d'uovo, latte, formaggi (esclusi alcuni)
  • porri, cipolla, scalogno
  • albicocca ?, prugna ?
  • dolci, alcool, caffè
  • tuorlo d'uovo
  • ricotta, yogurt
  • verdure (escluse alcune)
  • frutta (escluse alcune)
  • mandorle
  • miele ?

Questa suddivisione non lascia molti dubbi sul perché siamo quasi sempre in acidosi: la maggior parte dei cibi ha una reazione acidificante, tanto che anche vegetariani e macrobiotici che abbondino in carboidrati e legumi possono andare incontro a iperacidosi.
Per essere sicuri di avere un'alimentazione non acidificante, bisogna introdurre notevoli quantità di verdura e di frutta più volte al giorno.

DISTURBI E PATOLOGIE CORRELATE ALL'IPERACIDOSI
Premesso che stiamo parlando di un'iperacidosi tissutale e urinaria, mai sanguigna, tale situazione può coinvolgere più o meno direttamente praticamente tutti gli apparati del corpo umano. I sintomi più importanti sono elencati in tabella:

manifestazioni gastroenteriche pirosi, iperacidità, dispepsia, gastrite, litiasi, sonnolenza postprandiale
manifestazioni cutanee seborrea, iperidrosi, eczemi, micosi frequenti, mucose arrossate, unghie e capelli fragili.
manifestazioni nervose irritabilità, palpitazioni, ansia, cefalee e emicranie, aggressività, risvegli notturni frequenti, ipercinesia.
manifestazioni osteoarticolari artrosi, osteoporosi, mialgie, crampi.
manifestazioni endocrine ipertiroidismo, diabete, irregolarità mestruali, sterilità, candidosi, ipercolesterolemia, gotta, iperuricemia.
manifestazioni varie deficit immunitari, carie, alitosi, parodontosi, varici, stipsi, freddolosità, facili infiammazioni oculari, genitali e ORL.


Il quadro è quindi quanto mai ampio. Ecco perché una dieta alcalinizzante, riportando verso la norma il pH permette di risolvere molti problemi, apparentemente non legati tra loro. L'iperacidosi potrebbe ad esempio spiegare perché alcune terapie, anche se ben condotte, non portino ai risultati sperati, o perché molte persone, pur mangiando normalmente, non riescano a perdere peso.

I SISTEMI TAMPONE DELL'ORGANISMO
L'organismo dispone di diversi sistemi per tamponare le fluttuazioni del pH. Essi sono:
 i bicarbonati, i fosfati, le proteine plasmatiche, l' emoglobina e ossiemoglobina.
I principali meccanismi compensativi sono invece:
- respiratorio
- renale.
Questi sistemi tampone agiscono in maniera differente: i bicarbonati sono abbastanza efficaci per la possibilità di essere regolati sia dai reni che dai polmoni; i fosfati hanno un range di pH migliore ma sono presenti in concentrazioni minori. Gli altri sistemi, proteine plasmatiche e emoglobina
hanno una notevole importanza per il controllo del pH sanguigno e intracellulare.
I due sistemi che si occupano del controllo del pH sono quello respiratorio e quello renale.
Quello polmonare, scambiando in continuazione ossigeno e anidride carbonica, elimina soprattutto quelli che sono definiti "acidi volatili" o "acidi deboli" che si dissociano facilmente, dando origine ad acqua e gas carbonico, sotto forma di anidride, eliminata poi a ogni atto espiratorio.
I reni invece controllano l'equilibrio acido- base (e quindi la concentrazione di ioni idrogeno) con un meccanismo complesso.
 

CORREZIONE DEL PH
I meccanismi elencati funzionano perfettamente se esistono sufficienti basi per tamponare la formazione di scarti metabolici acidi.
In caso di ridotta disponibilità di bicarbonati, l'organismo deve far ricorso a sali che normalmente hanno altre funzioni, in particolar modo ai fosfati e al calcio presente nelle ossa. Da notare che il fosfato calcico, un componente fondamentale dello scheletro, si rende maggiormente solubile a pH acido. L'acidosi quindi facilita l'impiego d'emergenza di questi sali: il risultato è la demineralizzazione ossea.
La migliore cura (o meglio, prevenzione) delle patologie degenerative dello scheletro risiede dunque nel mantere intatte le riserve alcaline dell'organismo. La misurazione ripetuta nel tempo del pH ci può dare tutte le informazioni necessarie per controllare lo stato di queste scorte.
Aumentare l'assunzione di verdura e frutta è importante, ma lo è altrettanto la riduzione degli alimenti iperacidificanti, in primis le proteine animali, come per esempio la carne. Solo riducendo gli alimenti acidificanti e aumentando quelli alcalinizzanti è possibile ridurre o arrestare i fenomeni di impoverimento tissutale.
Particolare attenzione andrà comunque posta nel valutare l'alimentazione nella sua globalità, per non incorrere in altre carenze o errori, come ad esempio l'impiego di verdure ricche di acido ossalico o l'eccessivo uso di frutta acida in soggetti sensibili.
Altro sistema interessante, e dai risultati più rapidi, è l'impiego dei centrifugati. Tale soluzione apporta notevoli vantaggi, come ad esempio di non sovraccaricare l'organismo di fibre con conseguenti fastidi quali gonfiori, irritazioni del colon, flatulenza, minor assimilazione di minerali e altri importanti nutrienti.
Il centrifugato va preparato e bevuto all'istante per minimizzare i fenomeni ossidativi, estremamente aggressivi su alimenti che presentano ampie superfici esposte all'aria. Vasta è la scelta dei cibi ma un classico, sia per gusto sia per capacità alcalinizzanti, è il centrifugato di mela e carote (nella proporzione di circa una mela per tre carote).
Ulteriore scelta disponibile, la supplementazione tramite polveri da sciogliere in acqua, a base di diversi sali minerali, sotto forma di bicarbonati, carbonati e citrati. I risultati migliori si ottengono con i citrati e i bicarbonati, per la facilità con cui sono assorbiti e resi disponibili per l'azione tamponante.
L'assunzione per esempio monogiornaliera di circa 5-6 grammi di citrati (un cucchiaino da tè) in poca acqua tiepida di una miscela in commercio (Alcabase) può dare buoni risultati  ed assenza di effetti collaterali (i bicarbonati a forti dosi possono dare nausea). Già il primo giorno si ha una risalita del pH, che nel giro di quattro giorni arriva a un valore mattutino ritenuto ottimale (tra 6,4 e 6,8) e nel corso della giornata si mantiene costantemente attorno a un pH neutro (con punte fino a 7,28).

Il vantaggio nell'impiego dei citrati rispetto ai centrifugati risiede nella semplicità e velocità della preparazione, non richiede l'uso della centrifuga, è assumibile anche da chi ha molte intolleranze alimentari (la mela è una delle più comuni fonti di intolleranza tra i vari frutti).
Nelle iperacidosi croniche, con pH urinario mattutino attorno a 5, una supplementazione di citrati per diverso tempo (almeno un mese), consente una importante ricarica di basi per i sistemi tampone dell'organismo, apportando numerosi benefici alla persona.
Tra gli effetti più comunemente riscontrati, miglioramento di sfoghi cutanei ribelli alle cure, diminuzione dell'aggressività o irritabilità, miglior rendimento fisico, miglioramento di alcuni parametri di laboratorio (acido urico).
Questi pochi dati riportati, mostrano comunque l'utilità e la possibilità reale di intervenire nel caso, molto frequente, di iperacidosi tissutale. Tale correzione è probabilmente il fattore più importante per controllare e prevenire le patologie degenerative dello scheletro.
Le controindicazioni assolute sono poche: insufficienza renale e scompenso cardiaco grave. Quelle relative riguardano cistiti in corso, assunzione di determinati farmaci (per esempio, con una alcalinizzazione eccessiva si può ridurre la distribuzione di fenobarbital nel cervello), alcune malattie metaboliche (per esempio iperaldosteronismo).